martedì 4 giugno 2013

Scuola di Francoforte

La scuola di Francoforte si propone di elaborare sul piano filosofico una teoria critica della società attuale, guidata da un'ideale rivoluzionario per un'umanità futura libera e disalienata. Costituisce una forma di pensiero negativo e proteso a smascherare le contraddizioni della società, i suoi componenti elaborano una vera e propria “critica alla società” e all'ideologia capitalista, proponendo un modello utopico alternativo. La tendenza filosofica di questa scuola è l'impostazione di un discorso dialettico totalizzante intorno alla società, dialettico in quanto volto a smascherarne le contraddizioni, totalizzante perchè ne mette in discussione tutta la sua globalità. Questa scuola comprende un gruppo di studiosi di diverse discipline. Fu fondata da Max Horkheimer, in collaborazione con altri studiosi, tra cui Theodor Adorno. Ma successivamente il gruppo si allargò avvalendosi di personalità come ad esempio Marcuse, Fromm, Pollok...


Marcuse


La polemica contro una società repressiva e la difesa dell'uomo, della sua felicità e della sua liberazione costituiscono i principali temi di riflessione di Herbert Marcuse. L'opera fondamentale di Marcuse è “l'uomo a una dimensione” ( One-dimensional man. Studies in the ideology of advanced industrial society) dove si propone di dimostrare quanto la società industriale contemporanea tenda ad essere “totalitaria” nella vita delle persone. Le capacità delle società odierne sono molte di più rispetto al passato cosi anche il dominio della società sull'individuo. Marcuse usa proprio il termine “ totalitario” in quanto non si usa <<soltanto per un'organizzazione politico terroristica della società, ma anche ad una organizzazione economico-tecnica, non terroristica, che opera mediante la manipolazione dei bisogni da parte di interessi costituiti>>. La società odierna impone le sue esigenze economiche e politiche controllando l'uomo e il suo tempo sia lavorativo, che libero. Tutte le possibili dimensioni dell'uomo vengono ridotte a due: una è quella verticale, di crescita dell'individuo, di maturazione, di presa di coscienza critica di quella che è realmente la società, che non ci stimola a pensare. La seconda è quella orizzontale, di appiattimento, che fa adattare i nostri comportamenti a quello che è il conformismo generale, che ci porta ad adottare comportamenti e a rispettare ideali derivati dalla società che ci circonda. L'uomo ha una mimesi: un'identificazione immediata con la sua società, tant'è vero che <<le persone si riconoscono nelle loro merci, trovano la loro anima nella loro automobile, nel giradischi di alta fedeltà ..>> e non sono più in grado di distinguere tra bisogni “veri” e quelli “falsi”. L'uomo è veramente alienato ma la sua alienazione deriva dalla società tecnologica, che ha portato a una sovrapproduzione di merci per la maggior parte inutile che però devono essere vendute. Tutto questo porta a un'industrializzazione avanzata ed eccessiva che porta al consumismo e si è indotti a lavorare di più, per guadagnare di più e potersi permettere di comprare cose assolutamente superflue. L'uomo a una dimensione non ha capacità di pensiero, e inghiottito e allo stesso tempo parte di questa enorme macchina che non gli permette di poter pensare e decidere quali sono i suoi veri bisogni.

venerdì 3 maggio 2013


 Dio è MORTO



Il tema della “morte di Dio” che già Hegel aveva toccato, è sviluppato anche da Nietzsche come sua critica della religione e dei supremi valori tradizionali. Nella Gaia scienza (1882), precisamente nel brano n.125 intitolato “l'uomo folle “ la figura della morte di Dio indica il fatto che i valori supremi della tradizione, non solo riconoscibili nella figura di Dio, ma anche in senso più ampio come il Bene e il Male, si sono svalutati e non fanno più presa sull'uomo. La sentenza di Dio è morto diventa ciò con cui è possibile interpretare la storia e la società occidentale come in decadenza. Secondo questo filosofo Dio rappresenta un mondo contrapposto a questo mondo, e questo oltremondo rappresenta una fuga dalla vita. Gli uomini si sono creati questa figura perchè di fronte a una realtà e a un'esistenza troppo dura da sopportare . Dio è quindi una “menzogna” consolatrice per poter sopportare e accettare il carattere disarmonico e crudele dell'universo. Ma lo sguardo del filosofo scorge ciò che sono veramente le religioni cioè decorazioni della realtà, illusioni, bugie. Questa nuova coscienza lo spingono a vivere, a vivere in un mondo sdivinizzato. L'accettazione di questo fatto decisivo per la vita dell'uomo coincide con la nascita del superuomo. Solo chi è in grado di affrontare la realtà, di rendersi conto del crollo totale di ciò che è ritenuto assoluto può affrontare il passaggio da uomo a oltre-uomo. Nietzsche affida questo tema alla figura di Zarathustra, lo Zoroastro dei Greci, l'antico riformatore della religione persiana. Il superuomo è in grado di accettare la tragicità della realtà e dionisiaca dell'esistenza , e dopo aver accettato la morte di Dio e con lui la fine delle certezze assolute fa propria la prospettiva dell'eterno ritorno. Questo significa che questa vita è un'unica realtà, che si sarebbe ripetuta per sempre . Il superuomo di Nietzsche è un'amante della vita che ne accetta il ripetersi continuo di ogni particolare. Questa figura non può fare altro che porsi come volontà di potenza e stagliarsi sull'orizzonte del futuro. Il nuovo uomo va oltre l'uomo comune, è capace di creare nuovo valori e di rapportarsi in modo completamente nuovo con la realtà. L'uomo accetta in modo totale la vita, con uno spirito dionisiaco, e stabilisce un forte legame con la terra che diventa la sua dimora gioiosa cosi come il corpo diventa il concreto modo di essere uomo.


"L'uomo Folle"


125. L’uomo folleAvete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: “Cerco Dio! Cerco Dio!”. E poiché proprio là si trovavano raccolti molti di quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risa. “È forse perduto?” disse uno. “Si è perduto come un bambino?” fece un altro. “Oppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? È emigrato?” gridavano e ridevano in una gran confusione. Il folle uomo balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: “Dove se n’è andato Dio?” gridò “ve lo voglio dire! L’abbiamo ucciso – voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all’ultima goccia? Chi ci dette la spugna per cancellare l’intero orizzonte? Che mai facemmo per sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci muoviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non seguita a venire notte, sempre più notte? Non dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione? Anche gli dèi si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di più sacro e di più possente il mondo possedeva fino ad oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremmo noi lavarci? Quali riti espiatori, quali giuochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dèi, per apparire almeno degni di essa? Non ci fu mai un’azione più grande: tutti coloro che verranno dopo di noi apparterranno, in virtù di questa azione, ad una storia più alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!”.

A questo punto il folle uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si spense. “Vengo troppo presto” proseguì “non è ancora il mio tempo. Questo enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino: non è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini. Fulmine e tuono vogliono tempo, il lume delle costellazioni vuole tempo, le azioni vogliono tempo, anche dopo essere state compiute, perché siano vedute e ascoltate. Quest’azione è ancor sempre più lontana da loro delle più lontane costellazioni – eppure son loro che l’hanno compiuta!”– .

Si racconta ancora che l’uomo folle abbia fatto irruzione, quello stesso giorno, in diverse chiese e quivi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo. Cacciatone fuori e interrogato, si dice che si fosse limitato a rispondere invariabilmente in questo modo: “Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri di Dio?”


The superman



The superman è un brano dell'album The Man Who Sold the World (1970) dell'artista inglese David Bowie. Il brano è ispirato alle introspezioni del filosofo tedesco, che Bowie aveva letto all'inizio del 1970 e del quale conosceva le teorie che riguardavano il superuomo.




giovedì 25 aprile 2013

Bergson


La prima reazione al positivismo è costituita dalla corrente filosofica dello spiritualismo che opponendosi a tutti i valori della scienza positivistica che considera gli stati psichici come oggetti quantitativi, oppone invece un'attenta analisi di quella che è l'interiorità dell'uomo e della sua coscienza. L'uomo prende la sua interiorità come oggetto d'indagine e il compito della filosofia sta proprio della descrizione e spiegazione dei dati della coscienza.
La teoria più originale e innovativa di Bergson è la distinzione tra tempo della scienza e tempo della vita. Il tempo della scienza è un tempo meccanico astratto, esteriore, è spazializzato e fatto di istanti uguali e omogenei,invece il tempo della vita è composto da istanti differenti, di istanti qualitativi e non quantitativi, ogni istante è assolutamente differente da quello prima, così come da quello dopo. In quest'ultima categoria il tempo scorre in modo continuo, fluido, è concreto e completamente soggettivo, è un esperienza della coscienza, è interiore e si identifica con la durata reale.
Il tempo percepito dalla coscienza umana non coincide con quello meccanizzato che può misurare un semplice orologio, ma lo vive come durata che vive il presente, prolungandosi nel passato e in parte nel futuro, è conservazione totale e creazione totale nello stesso tempo. Il tempo reale è quindi dentro ognuno di noi, e ciascuno lo percepisce e lo vive in modo differente. Bergson inoltre presuppone un dualismo tra spirito e materia, e anche un ben preciso rapporto, distinguendo tra memoria, ricordo e percezione. La memoria è la coscienza stessa, quel qualcosa che registra tutto ciò che ci accade anche inconsciamente e viene identificata con il nostro passato. Il ricordo è la materializzazione di un evento del passato, un'immagine che andiamo a riprendere nella nostra coscienza. Ma quell'immagine che andiamo a ricordare viene ripescata in una piccola parte della memoria, mentre la memoria complessiva, quella pura, resta parte del nostro inconscio. La percezione invece è come un filtro dei dati, qualcosa che ci permette di decidere selettivamente ciò di cui abbiamo bisogno in base alle esigenze dell'azione.










Queste teorie sul tempo espresse da Bergson mi riportano a un lontano ricordo e una canzone, che forse in tale contesto può sembrare inappropriata ma per quanto mi riguarda vuole trasmettere un messaggio profondo, e poi quale canzone può accompagnare meglio tale argomento e può essere uno spunto di riflessione...





Time è uno dei brani più celebri dei Pink Floyd contenuto nell'album The Dark Side of the Moon, scritto nel 1973






venerdì 15 marzo 2013

Nietzsche...


Nietzsche parte dalla visione tragica della vita di Schopenhauer. Secondo cui l’esistenza conduce l’individuo alla sofferenza e al dolore in quanto vivere è desiderare e il desiderare significa trovarsi in uno stato di tensione, per la mancanza di qualcosa che non si ha e che si vorrebbe. Il desiderio è quindi assenza, vuoto, ossia dolore. Il tragico dell’esistenza deriva dalla volontà di vita che non viene mai appagata e non si placa mai, perché infinita. Questa conduce l’uomo al dolore, alla sofferenza e alla morte. L’unico modo per liberarsi da questa schiavitù e la vera risposta al dolore è secondo Schopenhauer la liberazione stessa della volontà di vivere. L’uomo arriva a una liberazione totale, ossia la noluntas “negazione totale del volere”, attraverso un processo che lo porterà all’ascesi.
Nietzsche condividendo il pessimismo iniziale di Schopenhauer secondo cui la vita è dolore, lotta, senza ordine, dominata dal caso di cui l’uomo è succube, trova un’alternativa opposta all’ascesi. Invece che sopprimere la volontà di vita, l’accetta cosi com’è esaltandone la volontà. Questo filosofo vede nell’antica figura greca di Dioniso, cioè il dio dell’ebbrezza, della gioia, istintivo e irrazionale l’incarnazione di tutto ciò che dice “si” alla vita.
Lo spirito dionisiaco e lo spirito apollineo sono i due impulsi che spingono l’uomo alla vita. Lo spirito apollineo cioè la parte dell’uomo ordinata e armonica si contrappone a quella dionisiaca istintiva, incontrollata, potente. L’apollineo è quindi il tentativo di sublimare il caos. Per il filosofo è necessario creare un equilibrio tra lo spirito dionisiaco e apollineo . Figura capace di affermare positivamente i valori legati alla vita è il Superuomo nato per andare oltre l’uomo presente, che afferma la vita, negando l’ascesi, accettando la sofferenza e il dolore che lo accompagnano nella vita con “dionisiaco amore per l’esistenza”, privo di valori fissi ed immutabili, che vive al di là del bene e del male.

Kirkegaard, Feurbach, Marx...


Kirkegaard, filosofo danese, cresciuto in un clima di religiosità severa, nelle sue opere come prima caratteristica cerca di indagare sull'esistenza umana, come specifico modo d'essere dell'uomo nel mondo, sotto un punto di vista drammatico. Secondo questo filosofo infatti l'esistenza è un insieme di possibilità che pongono l'uomo di fronte a più scelte e sta a lui decidere quale vivere. Questa possibilità di scegliere genera un'angoscia, una condizione che è determinata dalle infinite possibilità di scelta.
Aspetto fondamentale affrontato da Kirkegaard è il singolo e la sua soggettività, ed è anche uno degli aspetti della sua critica nei confronti di Hegel, che riteneva la specie umana più importante dell'individuo. L'individuo è in collegamento con l'assoluto è l'esistenza, e gli stadi dell'esistenza sono modi fondamentali di vivere e che per questo filosofo sono principalmente tre: la vita estetica, etica e religiosa. Lo stadio estetico è la forma di vita in cui l'uomo è alla ricerca di cose finite, di bisogni immediati, ha un'approccio di bellezza nei confronti della vita, è alla ricerca dell'attimo fuggente, è un'avventura che però oltre alla sua apparente gioiosità porta alla noia. Vivendo in modo estetizzante l'uomo non compie delle scelte impegnative, scegliendo di non scegliere perde cosi la propria identità con cui non si identifica più, è come se si perdesse in sé stesso. Il bisogno di ritrovare sé stesso lo porta alla scelta della disperazione che attraverso questa assunzione di responsabilità lo porta in un nuovo stadio, quello etico. L'uomo sceglie di scegliere, si inserisce nella società assumendo un ruolo. L'individuo etico si sottopone a un modello dove a definirlo è il dovere, la morale, la normalità,è un uomo tranquillo e sicuro di sé, ma nonostante il suo apparente stato di benessere sente che c'è qualcos'altro, tende al peccato e alla disperazione.
C'è quindi un'alternativa alla vita etica, un bisogno che porta allo stadio religioso, di fede con l'assoluto, e grazie al quale riesce a eliminare quasi completamente l'angoscia e la disperazione aprendosi totalmente a Dio, nonostante la fede non sia chiara e provata e quindi in parte intimorisce ma è comunque qualcosa a cui ci si affida, su cui si scommette.
Dopo la morte di Hegel, vi fu una spaccatura sul modo di interpretare il pensiero di questo filosofo e un diverso atteggiamento di fronte alla religione e alla politica. La spaccatura della scuola hegeliana è divisa in una visione più conservatrice e una più rivoluzionaria. Secondo la visione della destra hegeliana tutto ciò che accade, è espressione razionale dell'assoluto, mentre secondo la sinistra la concretizzazione dell'assoluto come divenire è possibile solo attraverso un cambiamento e una rivoluzione. La sinistra si impegna quindi a trasformare la realtà per renderla razionale e opta per un cambiamento di idee e istituzioni e non per il loro conservamento. Il razionale non si compie da solo ma bisogna agire attivamente per svelare l'assoluto, e non aspettare passivamente che tutto accada come secondo la visione della destra hegeliana.
Figura che spicca nella sinistra hegeliana è quella di Feurbach, che è il fondatore dell'ateismo filosofico ottocentesco. Punto centrale del suo pensiero è quello secondo cui non è Dio ad aver creato l'uomo ma è l'uomo ad aver creato Dio. La religione è infatti espressione dell'uomo e della sua natura, non è nient'altro che una proiezione illusoria di qualità umane, espressione dei sentimenti e desideri dell'uomo. L'uomo si aliena cosi da sé stesso, “scindendosi”, proietta e oggettiva quest'idea fuori di sé, in una figura superiore Dio alla quale si sottomette. L'alienazione dell''uomo sta proprio nel fatto che tanto più pone in Dio tanto più toglie a sé stesso privandosi della propria divinità, oggettivando Dio si depotenzia il proprio essere e si proietta in questa astrazione la propria essenza. La presa di coscienza i questa alienazione genera secondo Feuerbach la necessità di alienazione. Quell'invenzione che è Dio è in realtà l'uomo e l'ateismo consiste nella riapproprioazione della propria parte alienata. L'uomo è uomo e riconoscendo gli altri esseri umani uguali a lui, e ponendoli allo stesso livello si crea un'uguaglianza. L'uomo si riappropria quindi si sé stesso per arrivare poi ad un'uguaglianza.
Chi riconosce la funzione critica all'alienazione esposta da Feurbach è Marx, “il filosofo del comunismo”, il cui pensiero riveste una portata universale. Nonostante condivida questo aspetto di alienazione critica il fatto che sia solo religiosa sostenendo che sia anche lavorativa. Le disuguaglianze economiche e sociali non spariscono con l'uguaglianza politica e giuridica, solo una rivoluzione economica potrebbe creare una parità sociale. L'economia, base della società, è caratterizzata da modi di produzione e sovrastrutture, la cui fonte di profitto è data dalla forza lavoro. Chi permette in funzionamento dell'economia sono quindi gli operai visti come una “merce”
da sfruttare, sistema che permette il solo arricchimento dei capitalisti. L'operaio creando solo un pezzo nella catena di montaggio non vede il prodotto finito, non vedendo la sua creazione non sa più perchè lavora.




" Lavoratori di tutto il mondo unitevi"


Secondo Marx tutti i lavoratoti si sarebbero dovuti unire per cambiare la struttura economica, rendere i mezzi di produzione statali in modo tale che lo stato ci guadagnasse direttamente per poi ridistribuire in modo omogeneo le ricchezze. Attraverso un patrimonio statale in comune sarebbe possibile garantire a tutti anche ai più poveri i bisogni primari.